Renato Giaretta:
l’impegno umanitario, l’esperienza musicale e la realizzazione nel campo dell’arte figurativa.
Quadri
Renato Giaretta nasce a Vicenza il 26 marzo del 1956. Si laurea in medicina presso l’Università di Verona nel 1982, all’età di 26 anni. Si specializza in Scienza dell’Alimentazione cinque anni più tardi. Vive e lavora sempre a Vicenza. È sposato e ha due figlie. È stato responsabile del Settore Nutrizionale presso la Lega italiana per la Lotta contro i tumori di Vicenza. Da ottobre 2018 dirige il servizio SeTA, Servizio di Terapia Alimentare, struttura creata dalla associazione Amici del Quinto
Piano di Vicenza presso il reparto di Oncologia.
È tra i fondatori di “ Rokpa Italia onlus”, sede italiana di Rokpa, un’organizzazione umanitaria internazionale che sostiene progetti in campo educativo, sanitario e culturale in varie parti del mondo. La maggior parte di questi progetti è nelle zone più remote dell’Altopiano tibetano.
La parola “Rokpa”, infatti, in tibetano significa aiuto.
Per oltre cinque anni sono state compiute missioni in una regione del Tibet orientale per prestare assistenza sanitaria gratuita alla popolazione nomade che vive con un reddito tra i più bassi al mondo (170 dollari pro capite l’anno) ,in condizioni igieniche precarie (solo il 37% dispone di acqua potabile) e un’assistenza sanitaria per molti irraggiungibile. Nel 2008 è cofondatore della onlus MEDICIVICENTIPERILMONDO, una organizzazione composta da operatori sanitari e volontari che è intervenuta su popolazioni più bisognose in Africa, Asia e America Latina. Nel 2011 crea una pappa,Pappa Vicenza, ideata per contrastare la malnutrizione infantile. Questo strumento ora è utilizzato in Madagascar, Sierra Leone, Costa d’Avorio, Mozanbico.
Tra le sue passioni, coltivate fin dall’adolescenza, c’è in particolare la musica, nella quale si è cimentato con successo come pianista e compositore. Le sue esperienze musicali hanno toccato vari ambiti: dal jazz a rock progressivo, fino alla musica sperimentale degli anni ’70. Non sono infatti poche le collaborazioni che ha fornito in qualità di compositore ad eventi musicali e teatrali. Ed è proprio il linguaggio musicale, cadenzato da tempi e tonalità identificativi di uno stato emotivo, che diversi critici d’arte riconoscono in più occasioni sulle tele.
Nel 2015 scrive uno spettacolo multimediale, ANIMA, che viene replicato più volte.
Con i proventi raccolti sono stati costruiti due pozzi per l’acqua in Eritrea.
Nel 2008 pubblica il volume Le vie della Sofferenza e del Cuore dove sono raccolti i diari delle missioni assieme a pensieri, poesie e foto dei viaggi. Il racconto è affiancato dalle immagini dei lavori pittorici della collezione Tibet.
Nel 2013 presenta il primo romanzo, Il Canto di Ester e nel 2016 il secondo, L’Erba del gran Priore. Entrambi ambientati nelle valli vicentine raccontano le drammatiche vicende vissute dagli strati più poveri della società veneta durante diversi momenti storici: l’occupazione Napoleonica e i primi anni dopo l’unità d’Italia.
L’interesse per l’arte figurativa inizia nell’anno 1985: il medico vicentino sviluppa una ricerca nell’ambito della pittura informale, basata sull’utilizzo di materiali quali il
vinile, le vernici e il pigmento in polvere, ma anche lacche e smalti capaci di regalare allo spettatore un effetto cromatico che va oltre il visivo, che appare esteticamente
tattile, con un’anima viva.
I suoi quadri trasmettono negli anni una carica emotiva legata sia allo stato di salute di Gea, la Grande Madre Terra, violata e lacerata dall’indifferenza e dall’aggressività
del tempo umano e del genere umano, sia all’esperienza professionale maturata col proprio lavoro in Italia e con l’impegno profuso nelle varie missioni umanitarie nel mondo.
Giaretta si serve di un cromatismo ricco di contrasti e di giochi plastici per captare l’attenzione dello spettatore e per veicolare il proprio messaggio, che soprattutto
negli ultimi anni appare intriso di grande dolore e sofferenza, quella che il suo cuore avverte nei luoghi più poveri e disagiati del globo, soprattutto in Tibet. Dal rosso
bruciato all’oro, da varie cromature di grigio, che creano sulla tela una profondità percettibile, ad un giallo quasi fluorescente che lascia intendere uno spiraglio di
speranza per un vicino futuro. Ed ancora le chiazze che invadono l’omogeneità della trama, quasi a volerla lacerare, a lasciare un segno tangibile che non può essere
frainteso.
Diversi gli aspetti e i critici d’arte che hanno cercato di fornire una chiave di lettura alle opere di Renato Giaretta e che hanno visto nel maestro vicentino un valido
interprete dei nostri tempi; un fruitore del linguaggio musicale che con grande sensibilità fa della tela una intima ma quanto mai veritiera fotografia della sofferenza e con essa di quella cosmica.
Renato Giaretta è un artista completo: capace di dare colore e dimensione alle emozioni, professionista nel far parlare il suo cuore accarezzando la tastiera del pianoforte. Ma non solo. Snocciola ricordi e mette a fuoco frammenti di vita nero su bianco: un’innata capacità espressiva, rafforzata dall’uso del dialetto, che dà forza alle parole e ai pensieri. Il maestro sfrutta a pieno la forte personalità linguistica del dialetto vicentino, e lo fa con coscienza : l’intento è infatti quello di mantenere un legame forte con le origini e con la terra natia; di dare una continuità nel tempo all’identità e alla lingua del popolo veneto, vera ricchezza che rischia di andare perduta.